Ciao Alberto, a
sarà dura!!
Nella tarda serata di ieri, giovedì 3 ottobre, ci ha lasciati Alberto
Perino.
Ricordare la sua figura monumentale per la Valle di Susa e per tutto il
Movimento No Tav è difficile in queste ore di estremo
dolore. Il vuoto che ci lascia sarà incolmabile.
Una cosa però è certa: nel corso della sua vita ha saputo trasmettere a
tutte e tutti noi la voglia di lottare contro ogni ingiustizia e devastazione
ambientale. Se è da trent’anni che la Valsusa resiste
è anche e soprattutto merito suo.
Oggi è un giorno di dolore, ma da domani il suo spirito continuerà a vivere
in ogni lotta per la salvaguardia della nostra amata terra.
Tutto il movimento si stringe forte a Bianca e ai suoi famigliari in questo
tragico momento. Come da volere del caro Alberto i funerali si svolgeranno in
forma strettamente privata.
Nei prossimi giorni verrà organizzata una giornata per poterlo ricordare
come meritava.
Pubblichiamo di seguito un contributo di Chiara Sasso, scrittrice e
attivista No Tav nonché cugina di Alberto.
“Bertino”, per noi famigliari, per chi ha vissuto con lui nel burg dle ciòché per tutti gli amici che hanno conosciuto
Alberto Perino in tempi passati, quelli legati alla sua vita trascorsa a
Bussoleno, ai suoi impegni antimilitaristi. Con Bianca condivideva anche la
passione della montagna, le gite al Rocciamelone, la
montagna sacra che governa la valle. Erano tempi quelli delle stelle alpine
trovate sui sentieri, insieme al genepy scovato fra
le rocce in luoghi impervi. Due simboli che bene lo rappresentano. La montagna
vissuta come un prolungamento di casa, A Bessen Haut con don Oreste Cantore l’assistente spirituale della
GIAC Gioventù italiana di azione cattolica, “una bella figura di uomo e di
prete, con una generosità incredibile”. Cosi Alberto lo definirà ripescandolo
dai ricordi, con lui e con altri volontari ha partecipato alla creazione e al
funzionamento di colonie alpine per i ragazzi. “Un’esperienza che mi ha
insegnato a lavorare manualmente, rendendomi quasi autonomo alle manutenzioni
della casa”. I suoi studi di ragioneria non lo appagavano anche se nella vita è
stato impiegato in banca, ma subito coprendo anche il ruolo di sindacalista
segretario generale dei bancari della Cisl della provincia di Torino. I pranzi
della domenica dalla madre lo vedeva raccontare con enfasi le risse all’interno
del sindacato (che lo portò ad allontanarsi nel 1982). Lui grande interprete di
copioni diversi amava raccontare attraversando a grandi passi il parquet di
legno tirato a lucido del salotto, noi pubblico adorante per le sue performance
ridevamo fino alle lacrime. E’ sempre stato così univa
l’impegno più totale e sfrenato con una dose enorme di ironia e sarcasmo capace
di riposizionane qualunque tema trattato nella giusta cornice.
Negli anni Settanta si sposa con Bianca e si trasferisce a Condove dove
incontra Achille Croce, un operaio con una cultura umanistica fuori dal comune,
grande cultore della nonviolenza. Con lui Alberto si avvicina
all’antimilitarismo, al pacifismo e al vegetarianesimo
(lo sarà fino alla fine della sua vita), con lui e altri amici fonda il Gruppo Valsusino di Azione Nonviolenta. Uno dei primi nati gruppi
in Italia impegnati sul fronte dell’obiezione di coscienza al servizio
militare. Bertino aveva fatto il servizio militare e si era autodenunciato
partecipando ad una manifestazione con un cartello al collo: “Ho fatto il
servizio militare e mi vergogno” in solidarietà con gli obiettori di coscienza
processati il 13 marzo 1971 e condannati dal tribunale militare di Torino. La
polizia aveva strappato il cartello, e poi lo aveva denunciato e processato per
‘vilipendio alle forze armate’. In prima istanza in corte d’assise era stato
condannato a 8 mesi e 5 giorni, poi assolto in appello, perché il fatto non
costituisce reato.
A Condove conosce e stringe amicizia con un altro grande prete, figura
fondamentale per tutto il paese, don Giuseppe Viglongo, un prete operaio
impegnato nel sociale, senza parrocchia, perché considerato scomodo dai vertici
della Chiesa locale, impegnato con le ACLI a fianco del mondo operaio. Era un
tempo quello dov’era possibile che nascessero in piccoli territori di provincia
grandi azioni. Il 24 settembre 1970 i lavoratori delle Officine Moncenisio (che
in passato facevano armi per la Marina militare) presentano una mozione nata da
lunghe discussioni in fabbrica per opporsi alla costruzione delle armi in
quanto strumenti di morte e violenza. La mozione era stata votata
all’unanimità.
All’inizio degli anni Novanta, con l’apporto fondamentale di un gruppo di
amici e tecnici (professori del Politecnico di Torino, esperti in autostrade,
ingegneri ambientali ecc.) fonda l “Comitato Habitat” che si prefiggeva il
compito di essere di supporto e consulenza alle amministrazioni locali per
contrastare le grandi opere. Inizia la grande storia dell’opposizione al Tav una lotta che dura da oltre trent’anni. Alberto Perino
viene definito il portavoce, il leader, ma lui non accetterà mai questa
definizione. Certo il suo modo di stare sulla scena, la sua fisicità, il fatto
che non si risparmiava mai di accollarsi ogni tipo di impegno lo fa notare più
di altri. Il suo merito sicuramente è stato quello di aver unito le diverse
anime del movimento, aveva una autorevolezza naturale che si coglieva
fisicamente.
Negli anni, come altri militanti notav, anche lui
subisce perquisizioni, e denunce. Per un caso della vita torna anche l’accusa
di ‘vilipendio alle forze armate’, perché in una intervista apparsa sul
quotidiano La Stampa nel 2011 aveva dichiarato che “i vecchi del paese dicono
che adesso quello che stanno facendo le truppe di occupazione italiane nella
Val di Susa è peggiore di ciò che hanno fatto le truppe nazifasciste, perché i
nazisti non avevano mai chiuso le strade o obbligato a presentare i documenti
per andare lavorare la vigna”. Ad Alberto non si deve solo lo straordinario
lavoro, di carte, di ricerca, di presenza ai presidi, alle manifestazioni, alle
interminabili riunioni, si deve anche una certa leggerezza della lotta, un
divertimento inserito in ogni situazione, cosa che ha permesso di portare
avanti trent’anni di impegno. Ha saputo traghettare momenti difficili facendo
convergere le anime diverse del movimento, il suo motto era: “cerchiamo quello
che ci unisce e non quello che ci divide”. I nemici sono altri.
Fino all’ultimo ha messo la sua vita a disposizione. La email che ha inviato
pochi giorni fa ai comitati assicurava la sua presenza (a costo di andare in
ambulanza) domenica 13 ottobre al presidio di San Giuliano. Un testo che la
dice lunga su quanto era disponibile a fare a mettersi in gioco. “Facciamo
rumore” scrive. “Ormai è chiaro a tutti che gli espropri di Telt
sono solo un’operazione mediatica per dire stiamo facendo qualcosa anche in
Italia così Salvini è contento e un po’ di soldi
continuano a darglieli. Dobbiamo trasformarla anche noi in una operazione
mediatica non usando le deleghe ma andando in tantissimi di persona a farci
espropriare contando le piante facendo andare la cosa per le lunghe. Io stesso
verrò a farmi espropriare con l’ambulanza, spero della Cri di Susa, con un
trasporto privato che mi pagherò; perché così l’esproprio si può trasformare in
un bell’ambaradan mediatico. Può anche essere che sia l’ultima occasione, per
me, ormai bloccato a letto, di incontrare i carissimi compagni No Tav per salutarli. L’evento lo dobbiamo costruire bene. e
se non fanno loro gli stronzi potremmo essere davvero in tantissimi. Se fanno
gli stronzi si danno la zappa sui piedi. Diamoci da fare, io cerco di fare la
mia parte e voi datevi da fare per la vostra parte tutti insieme faremo un bel
botto mediatico”. Era capace di grande “spazzolate” ma anche di un amore
immenso verso tutti. Le sue email corpo 18 risuoneranno per molto tempo come la
sua voce in tutti noi. Facciamo rumore.
Chiara Sasso
Da notav.info